La neuritina protegge dalla malattia di Alzheimer

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 06 maggio 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La neuritina nel 1997 era presentata così in uno studio di Gregory Naeve e colleghi: l’attività neurale e le neurotrofine inducono il rimodellamento sinaptico modificando l’espressione genica; un cDNA codificante una proteina ancorata mediante glicosil-fosfatidil-inositolo è stato identificato dallo screening di geni ippocampali indotti dall’attività neurale[1]. Era già noto che la neuritina è altamente espressa nei neuroni post-mitotici in corso di differenziazione durante l’embriogenesi e nelle strutture nervose associate alla plasticità nell’adulto, e si sapeva anche che il messaggio della neuritina è indotto dall’attività neuronica e dalle neurotrofine regolate dall’attività BDNF e NT-3. Ancora negli anni ’90, nelle colture di neuroni ippocampali e corticali, la neuritina ricombinante purificata aveva promosso l’accrescimento dei neuriti e la loro arborizzazione, e quindi era già stata identificata come un effettore dell’accrescimento degli assoni indotto dall’attività[2].

Negli anni seguenti, il gene della neuritina era stato incluso fra i candidati alla regolazione della plasticità e, per questo, detto cpg 15 (candidate plasticity gene 15), mentre il polipeptide codificato era stato riconosciuto quale proteina assonica prevalentemente espressa nel cervello. Ormai era stato accertato che l’espressione della molecola di mRNA della neuritina è modulata da fattori neurotrofici, attività sinaptica, ormoni, esperienza sensoriale e terapia elettroconvulsiva dell’epilessia.

Nel nuovo millennio le evidenze emerse dalla ricerca, oltre a confermare le acquisizioni precedenti, dimostravano un ruolo protettivo per l’assone dei motoneuroni, funzioni di promozione della crescita e del modellamento delle arborizzazioni dendritiche, di regolazione della plasticità sinaptica, di stabilizzazione delle sinapsi attive, di promozione della maturazione sinaptica, della migrazione neuronica, di sviluppo e maturazione delle cellule della corteccia visiva, di regolazione dell’apoptosi dei neuroni proliferanti e della rigenerazione di nervi periferici e assoni spinali[3].

Circa dieci anni fa la neuritina era già stata studiata nelle funzioni cognitive della schizofrenia, nella fisiopatologia della depressione e dell’ischemia cerebrale, ed era già noto il suo intervento nell’upregulation delle correnti temporanee di K+ in uscita dal neurone, cosa che l’aveva fatta eleggere a potenziale bersaglio terapeutico per numerose malattie del sistema nervoso centrale e periferico[4]. L’anno scorso uno studio ha dimostrato che il gene della neuritina NRN1 è un potenziale marker della schizofrenia ad esordio precoce[5].

Una certa quota di persone, pur presentando i contrassegni istologici della neuropatologia di Alzheimer, non sviluppa la malattia e, dunque, non presenta neurodegenerazione, non va incontro a declino cognitivo e rimane indenne da tutte le altre manifestazioni cliniche. Per cercare di spiegare come tale evenienza sia possibile, Cheyenne Hurst e colleghi hanno esplorato la possibilità che sia la neuritina a conferire questa capacità di resistenza, trovando conferma mediante uno studio di proteomica integrato.

(Cheyenne H. et al., Integrated Proteomics to Understand the Role of Neuritin (NRN1) as a Mediator of Cognitive Resilience to Alzheimer’s Disease. Molecular & Cellular Proteomics – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.mcpro.2023.100542, 2023).

La provenienza degli autori è la seguente: Emory School of Medicine, Department of Biochemistry, Emory Goizueta Alzheimer’s Disease Research, Atlanta GA (USA); University of Alabama at Birmingham School of Medicine, Center for Neurodegeneration and Experimental Therapeutics, Department of Neurology, Birmingham, AL (USA); Rush Alzheimer’s Disease Center, Rush University Medical Center, Chicago, IL (USA).

I meccanismi molecolari e le vie che consentono ad alcune persone di rimanere cognitivamente integre ed efficienti nonostante gli alti livelli dei contrassegni patologici della malattia di Alzheimer non sono stati finora chiariti. Queste persone cognitivamente normali, pur se gravate da un rilievo mediante neuroimmagini della presenza di placche amiloidi, sono ordinariamente descritte come affette da malattia di Alzheimer asintomatica (AsymAD) o in stadio preclinico, e si considerano cognitivamente resistenti alle manifestazioni cliniche della demenza alzheimeriana.

Cheyenne Hurst e colleghi presentano un approccio esteso, basato sulle reti neuroniche, a casi clinicamente e patologicamente definiti di malattia di Alzheimer asintomatica, per mappare le vie associate alla resistenza e ottenere una validazione estesa dei meccanismi.

Su tessuto cerebrale corticale frontale e temporale, proveniente dall’area 6 di Brodmann e dall’area 37 di Brodmann (n = 109 casi; n = 218 campioni totali), sono stati generati dati proteomici (n = 7.787 proteine) mediante TMT-MS (multiplex tandem mass tag mass spectrometry) e valutati mediante CWG-CNA (consensus weighted gene correlation network analysis). La neuritina (NRN1), che già in precedenza è stata posta in relazione con la resistenza cognitiva, è stata identificata come proteina “hub” in un modulo associato alla biologia sinaptica.

Per validare la funzione di NRN1 rispetto alla neurobiologia della malattia di Alzheimer, i ricercatori hanno condotto esperimenti al microscopio e di natura fisiologica in un modello cellulare della malattia neurodegenerativa.

NRN1 forniva alle spine dendritiche la capacità di resistenza contro i peptidi beta-amiloidi (Aβ) e bloccava l’ipereccitabilità neuronica indotta da Aβ in neuroni in coltura.

Per comprendere meglio i meccanismi molecolari di resistenza all’Aβ forniti da NRN1, i ricercatori hanno valutato come la NRN1 esogena modificava il proteoma di neuroni in coltura, mediante TMT-MS (n = 8.238 proteine), e hanno integrato i risultati con l’analisi computazionale della rete cerebrale della malattia di Alzheimer. Tale passo ha rivelato una sovrapponibile biologia legata alle sinapsi che collegava le variazioni indotte da NRN1 nei neuroni in coltura con vie del cervello umano associate alla resistenza cognitiva. NRN1, in neuroni in coltura, facilitava e supportava la resistenza al danno comunemente prodotto alle spine dendritiche da parte dei peptidi Aβ.

L’insieme dei risultati emersi dallo studio evidenzia l’utilità di integrare il proteoma proveniente dal cervello umano con i sistemi modello, per far progredire le nostre conoscenze sui meccanismi che promuovono la resistenza, e individuare bersagli terapeutici nei mediatori della resistenza da rinforzare per prevenire lo sviluppo della degenerazione alzheimeriana.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-06 maggio 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Il sito “Medi Magazine” in questi giorni riporta: “I ricercatori dell’American Society for Chemistry hanno scoperto una proteina, la neuritina, che è associata alla resilienza cognitiva…”. L’articolo presenta altre perle, fra cui il paragone del neurone al filo che collega la cornetta al ricevitore del telefono fisso, ed è evidentemente scritto da qualcuno che ignora del tutto le scienze biologiche, ha mal tradotto una preview dell’articolo qui recensito e non ha pensato di immettere la parola neuritin in un motore di ricerca, cosa che gli avrebbe consentito di sapere che oltre 25 anni fa la comunità neuroscientifica internazionale già si interrogava sui molteplici ruoli funzionali della neuritina.

[2] Naeve G. S., et al. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.94.6.2648, 1997.

[3] Zhou S., et al. Neuritin, a neurotrophic factor in nervous system physiology. Curr Med Chem. 21 (10): 1212-1219, 2014.

[4] Zhou S., et al., art. cit.

[5] Almodovar-Paya C., et al., NRN1Gene as a Potential Marker of Early-Onset Schizophrenia: Evidence from Genetic and Neuroimaging Approaches 23 (13): 7456, 2023.